Un excursus sul difensore civico: cos’è, com’è stato introdotto nell’ordinamento e quali sono gli aspetti da migliorare
di Teresa Lapis
La difesa civica è istituita per la tutela dei diritti umani e la salvaguardia dei beni comuni; è destinata ai sensi e per gli effetti di legge a garantire la buona amministrazione e l’attuazione dei principi fondamentali sui cui si fonda la Nostra Costituzione in combinato disposto artt. 2 e 3 della Costituzione italiana, con le fonti dei diritti umani e a garanzia dell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica civile politica e sociale , per conciliare libertà con uguaglianza. Nel testo che segue se ne descrivono l’esegesi e gli aspetti di possibile miglioramento.
L’Ombudsman svedese è considerato il precursore degli organismi di mediazione civica moderni. Questo viene configurato dalla Carta costituzionale svedese del 1809 alla stregua di un commissario del Parlamento che supervisiona l’attività della pubblica amministrazione e dei suoi funzionari.
La difesa civica ha origini antiche. Nel 494 a.c., a seguito della secessione dei plebei sul Monte Sacro, viene istituita a Roma la carica del tribunus plebis, titolare dello ius auxiliandi a sostegno dei plebei messi in stato accusa dai magistrati patrizi 1 . In epoca moderna, il Riksdagens Ombudsmän – letteralmente “colui che fa da tramite” – svedese, il Defensor del Pueblo spagnolo e sudamericano (e, prima ancora, il Justicia de Aragòn), il Provedor de Justiça portoghese, i Parliamentary Commissioners britannici, il Médiateur de la République française, le Petitionsausschuss tedesche, l’Avocatul Poporului rumeno.
Non esiste, in realtà, una definizione omogenea di difesa civica. Le etimologie in uso presso ciascun ordinamento, pur presentando alcuni tratti comuni, rivelano visioni e applicazioni molto diverse dell’istituto. I tratti ricorrenti sono tre.
Comune è, anzitutto, la concezione di base della difesa civica. Si tratta di un ufficio che intercede tra l’apparato burocratico – e dunque in senso lato l’esercizio del potere pubblico – e i destinatari delle decisioni amministrative. Lo confermano due dati :
1). L’istituzione di un ufficio della difesa civica consegue direttamente alla crescita esponenziale degli apparati burocratico-amministrativi nazionali e all’aumento della quantità e qualità delle funzioni di regolazione pubblica.
2) consiste invece nell’interessamento al tema da parte delle istituzioni internazionali. Già nel 1975 – e poi, di nuovo, nel 1981 – il Consiglio d’Europa invitava i governi europei ed extra-europei a istituire (o rafforzare, ove già esistenti) organismi di mediazione che operassero a stretto contatto con l’apparato statale e tutelassero gli interessi dei cittadini .
3) Nel 1994, il Comité des droits de l’homme delle Nazioni Unite diffondeva un rapporto in cui denunciava con preoccupazione la mancanza di un ufficio di difesa civico nazionale in alcuni Stati, tra cui l’Italia.
L’Unione europea ad esempio, oltre a dotarsi di un proprio Il Mediatore europeo, introdotto con il Trattato di Maastricht del 1992, è depositario delle funzioni di controllo sulla buona amministrazione dell’apparato burocratico comunitario. Il contenuto della previsione normativa del 1992 viene successivamente reiterato dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’articolo 5 , quando valuta i parametri di democraticità delle nuove democrazie che chiedono di entrare a far parte dell’Unione, verifica la presenza attiva di un difensore civico nazionale.
Importante la natura giuridica dei difensori civici. Questi ultimi, si sostiene, sono organi di mediazione o alternative dispute resolution mechanisms, nel gergo anglosassone .Da qui un elemento ricorrente. Ciascun organo deputato all’esercizio delle funzioni di difesa civica si avvale di un ampio ventaglio di risorse alternative – c.d. “di impulso”, o di moral suasion – verso le pubbliche amministrazioni. è possibile distinguere due modelli principali di difesa civica. Nel primo modello, la titolarità delle competenze concernenti la mediazione tra cittadini, amministrazioni dello Stato e, spesso, poteri pubblici locali è affidata a un singolo organismo o ufficio: il Difensore civico nazionale. È il caso della Grecia, del Lussemburgo o dell’Olanda. Nel secondo modello, invece, l’esercizio delle funzioni di mediazione è declinato attraverso i diversi gradi dell’amministrazione pubblica, moltiplicando il numero di difensori civici per quanti sono i livelli territoriali di amministrazione. Il caso italiano e quello tedesco rientrano in questa categoria.
Accade, infatti, che al Difensore civico nazionale siano affiancati uno o più organismi di mediazione decentrati, con competenze legate ad aree territoriali definite. In Francia, ad esempio, il Médiateur de la République si coordina con il Médiateur de la ville de Paris, le cui competenze sono limitate alla circoscrizione amministrativa della capitale francese. Esprimere un giudizio di valore sui due modelli non è facile. Quello italiano rispetto al decentramento territoriale per competenze concorrenti o esclusive Vero è che, sul piano teorico, entrambi sono pensati per garantire ai cittadini una difesa adeguata nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Il primo modello privilegia l’unità di indirizzi. Il secondo, invece, insiste sul principio di prossimità della tutela.
La stessa legislazione statale è intervenuta a più riprese, seppure con norme talora contraddittorie, sulla disciplina della difesa civica. È il caso, ad esempio, delle leggi c.d. Bassanini bis e ter 9 , attributive di poteri di controllo a favore dei difensori civici delle Regioni e delle Province autonome nei confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato; del testo unico degli Enti Locali, nella parte in cui dispone della non obbligatorietà dell’istituzione dell’ufficio del difensore e in quella relativa al potere sostitutivo dei difensori civici in caso di inerzia delle amministrazioni, di cui si dirà meglio in seguito; nonché delle più recenti “Bozza Calderoli” per il Codice delle autonomie, che prefigura un riassetto della difesa civica 10, e, infine, della legge finanziaria per il 2010, che sopprime gli uffici dei difensori civici comunali.Nulla oggi chiaro sulle città metropolitane.
Si tratta della legge n. 127 del 1997 (legge Bassanini bis) e legge n. 191 del 1998 (legge Bassanini ter). È bene ricordare che la prima legge statale riguardante la difesa civica è stata la legge n. 241 del 1990 che ha previsto la facoltà negli enti locali di istituire il difensore civico. 10 La c.d. “bozza Calderoli” sulla riforma del Codice delle autonomie, tra le altre cose, suggeriva una riduzione del numero di difensori civici operanti a livello locale.
Il primo difensore civico regionale è stato istituito in Toscana nella prima metà degli anni Settanta del secolo scorso. Altre Regioni hanno introdotto il difensore civico più tardi. Ad esempio la Regione Umbria ha istituito un difensore civico regionale nel 2005, con la legge n. 21, che ha approvato il nuovo statuto regionale. In alcune Regioni come la Puglia e la Sicilia non è operante un Difensore civico regionale. Se poi si prendono in considerazione anche le amministrazioni locali il quadro si complica ulteriormente, divenendo ancora più eterogeneo, a tratti confusionario. La difesa civica locale è infatti disciplinata da leggi dello Stato, statuti regionali, provinciali e comunali, nonché dalla normazione secondaria di Regioni e Comuni. Le modifiche legislative del 2001 sull’assetto costituzionale Stato-Regioni hanno inciso sulle prerogative dei difensori regionali e locali, il più delle volte limitandole.
Un modello ispirato al principio di prossimità. I difensori civici regionali e i tentativi di unificazione sono parte di una proposta che potrebbe arricchire i programmi di elezioni regionali o europee e che pare invece non prendano per nulla in considerazione.La difesa civica com istituto di partecipazione e di garanzia dei diritti umani e di buona amministrazione ( artt1, 2 3 97 Cost)
Di seguito i punti salienti. Se ne possono individuare cinque: 1)criterio dell’articolazione territoriale. 2)Il dibattito scientifico e politico ha poi insistito sulla necessità che la difesa civica nazionale operasse in condizioni di indipendenza e imparzialità, intervenendo (di solito su istanza di parte, ma anche d’ufficio) in tutti i casi di cattiva amministrazione delle amministrazioni centrali e periferiche .3)Quanto alle funzioni da esercitarsi attraverso l’ufficio del Difensore civico nazionale, le proposte avanzate negli anni hanno distinto tra funzioni di mero controllo, funzioni di composizione dei conflitti e funzioni di sollecitazione delle amministrazioni di garanzia dei beni comuni.. 4)dell’istituzione di difensori civici di settore. La definizione per materie, infatti, ha talora favorito la creazione di nuovi uffici di difesa civica per i settori sensibili, anziché l’affidamento del monitoraggio di questi ai difensori già esistenti. Si pensi al garante delle persone private della libertà personale, dell’infanzia fino alle Consigliere di parità di oggi . Una frammentazione che ha espresso molte criticità. 5)La governance reticolare Il dibattito di cui s’è dato conto ha evidenziato i problemi dell’articolazione decentrata della difesa civica come all’interrogativo sull’adeguatezza della dimensione regionale e locale per un istituto di garanzia come la mediazione civica siano state offerte risposte diverse, per lo più orientate in favore della riorganizzazione della difesa civica a livello centrale
L’eccessiva frammentazione della difesa civica, spiega infatti la proposta, ha impedito a questa di raggiungere una posizione di rilievo analoga a quella assunta in ordinamenti diversi da quello italiano. Da qui il progetto di investire su un sistema articolato di governo della difesa civica che sfrutti l’articolazione territoriale come un punto di forza, anziché di debolezza, ma tenti anche (e soprattutto) di definire linee d’azione e coordinamento coerenti
Vediamo i punti salienti della proposta. Per cominciare
1)la creazione di assemblee generali della difesa civica, dislocate lungo l’intero territorio nazionale e in grado di interloquire adeguatamente con le amministrazioni pubbliche centrali e locali. La “rete di rappresentanza” costituita dalle assemblee persegue tre obiettivi principali. Il primo ha natura incentivante. Il network delle assemblee generali dovrebbe consentire il più diffuso riconoscimento, tanto nelle istituzioni quanto nella cittadinanza, del ruolo della difesa civica. Ciò accrescerebbe la percezione nelle amministrazioni pubbliche e nei cittadini della difesa civica quale componente integrante, e non invece meramente accessoria, dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
2) La rete consentirebbe di aumentare il capitale delle risorse a disposizione e distribuirlo meglio a seconda delle esigenze concrete dei difensori civici locali.
3) Iimportante. La rete di rappresentanza dovrebbe favorire, in prima battuta, l’unità delle linee di azione della difesa civica e, in seconda battuta, consentire l’omogeneizzazione del quadro normativo nazionale. Al riguardo, la proposta insiste sulla necessità di sancire un principio di sussidiarietà verticale tra gli enti che esercitano funzioni di difesa civica, da collocarsi all’interno degli Statuti regionali in promozione di quella orizzontale. Si tratterebbe, , di generalizzare il principio predisposto dall’articolo 25 della legge n. 241 del 1990 nella parte relativa al riesame del diniego di accesso ai documenti amministrativi 24. La rete, come sistema, un’organizzazione ad architettura istituzionale decentrata, in grado di raccogliere a sistema e indirizzare le istanze provenienti dagli uffici territoriali della difesa civica. A tal fine, oltre alla partecipazione attiva ai lavori delle assemblee territoriali, i titolari degli uffici di difensore civico operanti sul territorio si avvarrebbe di strumenti telematici (è prevista l’istituzione di una newsletter, di un blog e di un forum) per creare e alimentare una cooperazione efficace.
Si focalizza il processo previsto dal comma 4 dell’articolo 24 della legge n. 241 del 1990 che dispone che, in caso di diniego alla richiesta di accesso, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale. In alternativa, se si tratta di atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, l’interessato può rivolgersi al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore. Invece, nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato la richiesta è inoltrata presso la Commissione per l’accesso nonché presso l’amministrazione resistente.
Si promuove la costituzione di istituti di consultazione e partecipazione , nel coinvolgimento di rappresentanti delle amministrazioni pubbliche interessate nelle assemblee territoriali, sia a scopi di sensibilizzazione che di cooperazione nella definizione delle linee guida. Il binomio controllori-controllati può essere utile al processo di definizione di linee guida e best practices da utilizzarsi nella fase successiva alla creazione della rete da parte di tutti i difensori civici che la compongono. Evidenziano la specificità e la sensibilità dei territori e il rapporto di amministrazione condivisa
Qualora poi la rete di rappresentanza riuscisse a raggiungere il proprio obiettivo principale, quello cioè di coordinare uniformemente la difesa civica sull’intero territorio nazionale, è condivisibile l’obiettivo ulteriore di accrescere il proprio peso in sede di consultazione (e non soltanto controllo) ma di mediazione e di gestione dei conflitti tra Pa e società civile, tra regioni e tra servizi a livello glocale, e interdipendente tra formazioni sociali e corpi intermedi così tanto citati e poco noti anche per chi li esprime, con la partecipazione di tutti i soggetti interessato. Focalizzare la natura di Istituto di Partecipazione nella misura in cui esista una base di coordinamento che assicuri se non la totale omogeneità dei pareri, quantomeno l’uniformità di questi rispetto a standards predefiniti. Per raggiungere la previsione costituzionale della figura come base per la democratizzazione europea come quando e’ nata la difesa civica e mediazione europea sostenuta dal Sindic di Catalugna con la nuova costituzione spagnola.
La tutela dell’ambiente e dei beni comuni è un tema attuale e di notevole importanza a livello politico, sociale e scientifico. E anche – in concreto – per la difesa civica. Le scelte delle pubbliche autorità in materia ambientale, relative all’uso di risorse come suolo, acqua, energia, e alla gestione di rifiuti e fonti inquinanti, hanno un’influenza diretta sul benessere e sulla salute dei cittadini; esse inoltre sollevano questioni politiche ed etiche, soprattutto in relazione alla necessità di garantire un adeguato bilanciamento tra esigenze economiche e tutela dell’ambiente e del territorio, tra esigenze di sviluppo della società di oggi e diritti delle generazioni future.Dibattiti partecipati sulle questioni da discutere :
Quali sono dunque gli organismi chiamati a promuovere e difendere la qualità ambientale?
Che interlocuzione esiste in quest’ambito tra le istituzioni e il sistema dell’associazionismo?
Che ruolo può rivestire la difesa civica in tema di tutela dell’ambiente e di tutela del diritto all’ambiente, ovvero del “diritto soggettivo a godere di un ambiente salubre, inteso come bene collettivo e individuale in cui ciascuno sviluppa, esprime e realizza la propria personalità”? (Cass. sez. III 19.1.1994 n. 439)?
Cosa sono i beni comuni? “Stefano Rodotà spiega che ci sono beni che non coincidono né con la proprietà privata, né con la proprietà dello Stato, ma esprimono dei diritti inalienabili dei cittadini. Questi sono i “beni comuni”: dal diritto alla vita al bene primario dell’acqua, fino alla conoscenza in rete. Tutti ne possono godere e nessuno può escludere gli altri dalla possibilità di goderne.
La conoscenza in rete, su cui Rodotà si sofferma in quanto uno dei beni comuni di ultima generazione, è un bene che implica la condivisione e la partecipazione attiva nella produzione di conoscenza. Ciò implica che non può essere privatizzato né sottoposto a restrizioni.
Il punto di incidenza dei diritti fondamentali – e quindi il naturale destinatario dei beni comuni – non è più il soggetto ma la “persona“, un termine che l’attuale giurisprudenza va recuperando in quanto meno astratto e più concreto. E’ proprio sulla persona, inoltre, che ruotano le biotecnologie, nuove sfide della contemporaneità che generano altri diritti, altri beni e altre problematiche.
La difesa civica è istituto per la tutela dei diritti umani destinata ai sensi e per gli effetti di legge per garantire la buona amministrazione el’attuazione dei principi fondamentali sui cui si fonda la Nostra Costituzione in combinato disposto artt. 2 e 3 della Costituzione italiana con le fonti dei diritti umani e a garanzia dell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica civile politica e sociale , per conciliare libertà con uguaglianza.
Autore: Teresa Lapis, giurista dei diritti umani , già ombudsperson burocrate creativa, e formatrice di educazione civica e diritti umani lapisteresa@gmail.com